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l'inquilino


di Zindo
20.11.2023    |    14.135    |    9 9.1
"Avevamo fatto bei progetti per il mostro futuro, soprattutto per il recupero di tutte le cose belle che durante la vita avremmo voluto ma non potuto fare..."

E' opportuno avvertire che la parte iniziale è poco piacevole da leggere, ma anche che è necessaria per dare alla storia la giusta interpretazione.

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Mia moglie Anna ha sempre saputo fare bene ogni cosa, sia come moglie, che come madre, che come insegnante.
A qualcuno sembrerà assurdo che io possa dire di lei che ha anche saputo morire bene ma in effetti è stato proprio così.
Purtroppo, non per sua scelta, lo ha fatto nel momento meno opportuno: quando io ero appena andato in pensione e a lei mancava poco tempo per farlo.

Avevamo fatto bei progetti per il mostro futuro, soprattutto per il recupero di tutte le cose belle che durante la vita avremmo voluto ma non potuto fare. Per esempio viaggiare, coltivare la nostra comune passione per la musica e per la pittura ed altro ancora.

Ormai i nostri figli si erano sistemati con il lavoro, avevano entrambi creato nuove famiglie in città distanti dalla nostra. Non avremmo più dovuto occuparci e preoccuparci di loro. Potevamo fare progetti e realizzarli.

I progetti li abbiamo fatti, non li abbiamo realizzati.

Un maledetto male, quello che fino a qualche tempo fa neanche si osava chiamarlo con il suo gracidante nome, si è insinuato in lei, vicino al cervello, in maniera subdola, senza farsi troppo notare fino a quando si è tradito andando a comprimere qualche parte del cervello. Quella compressione fece pronunciare a mia moglie alcune frasi sconnesse, prima di procurarle anche un dolore che ci fece ricorrere ai medici.
Era già troppo tardi. La bestia si era già sviluppata ed estesa oltre i limiti che consentivano trattamenti efficaci. Trattamenti comunque eseguiti: intervento chirurgico, chemioterapia, trattamenti farmacologici , ecc. Tutto inutile: in otto mesi la bestia si è portata via Anna.

Otto mesi. Pochi si dirà, ma se aveste visto soffrire Anna come l'ho vista io, direste che furono troppi.

Forse furono il "giusto tempo" perché io potessi gradualmente accettare l'idea di quello che stava per succedere, per imparare a fare tutte quelle faccende casalinghe che non avevo mai fatte prima, per considerare anche progetti diversi da quelli fatti "per due". In questi senso Anna ha anche saputo morire: mi ha dato il tempo di prepararmi all'evento, di pensare al "dopo".

Proprio perché avevo avuto tempo per organizzarmi, quando l'evento nefasto ci fu, io fui determinato nell'oppormi ad alcune soluzioni suggeritemi dai miei figli: per esempio quella di trasferirmi a casa di uno di loro, in un altra città, o andare a stare un po' di tempo dall'uno ed un poco dall'altro, oppure mettermi in casa una... domestica (come la definivano loro) o una badante (come capivo io).
Anna mi aveva dato il tempo per imparare a saper vivere da solo. Lo avevo imparato; fermamente volli restare solo ed a casa mia.

Casa mia era troppo grande, senza più Anna sembrava immensa, avevo messo in conto di combattere la polvere che si sarebbe depositata sui mobili non la solitudine che avrebbe invaso tutte le stanze, troppe stanze.

Soffrivo di questa non prevista solitudine quando un giorno, facendo la fila alla cassa di un supermercato per pagare i miei acquisti, sentii due ragazzi che mi precedevano parlare tra di loro, lamentandosi che per quanto uno dei sue avesse cercato, in zona non aveva trovato neanche una stanza da prendere in affitto e quando furono davanti alla cassiera chiesero anche a lei se sapeva di qualcuno che, nei paraggi, affittava case o stanze a studenti universitari.

Fu allora che mi venne l'idea ma non agii avventatamente. Usai un poco di astuzia. Quando la cassiera disse che non sapeva, io mi esposi dicendo "Forse qualcosa c'è ma non ne sono sicuro" .
Il volto di uno dei ragazzi, seppi dopo che si chiamava Renato, sembrò illuminarsi di gioia e, pur lasciandomi il tempo per pagare il mio conto, mi attese con il suo amico appena oltre la cassa, per saperne di più.
Lui era veramente interessato, io stavo solo cominciando ad avere una vaga idea: quella di ospitare qualche studente in una delle troppe stanze vuote di casa mia, solo per sentire qualche rumore, avvertire qualche presenza in casa, soffrire meno di solitudine.

Sentii tutte le sue esigenze, soprattutto le sue scarse pretese e gli diedi il mio numero di telefono dicendogli di chiamarmi in serata, perché prima dovevo parlare con qualcuno e poi gli avrei potuto dire se la casa che avevo in mente era davvero affittabile a studenti o no.
In realtà volevo prendermi solo qualche ora per pensarci e non agire avventatamente.

Comunque nelle ore che seguirono un paio di telefonate le feci davvero: ai miei figli. Solo per dire ad entrambi "Avevate paura di sapermi solo: Potete stare tranquilli ora. Un mio amico mi ha chiesto se posso ospitare da me un giovane studente universitario e io gli ho detto di sì, tanto stanze ce ne sono e così anche voi non vi preoccupate più per me, sapendo che ora non sarò più solo"
Non è che sprizzarono gioia i miei figli, al contrario mi chiesero se conoscevo bene chi mi mettevo in casa, di dove era, quanti, anni aveva, insomma più che gioire della mia scelta la subirono considerandola una mia ulteriore cocciutaggine.

Fatto è che ho preso in casa quel giovanotto: Renato.
Era giovane, era alto, aveva un bel fisico ed una bella faccia Renato.
Era timido ed impacciato i primi giorni, quando stava spesso fuori e si rintanava quasi sempre nella sua camera quand'era un casa.

L'ho coccolato per farlo sentire a suo agio: non più ospite pagante ma quasi uno di famiglia, preparandogli anche qualche cenetta sfiziosa ed invitandolo a consumare i pasti con me.
La tavola aiuta a familiarizzare, così gradualmente cominciammo a stare meglio tutti e due, come se fossimo quasi due componenti di una stessa famiglia e non due coabitanti "per un contratto di locazione di una stanza".

Renato mi parlò di Laura, la sua ragazza. Mi fece capire che gli avrebbe fatto piacere poterci stare insieme anche dentro casa qualche volta, se io non avessi avuto nulla in contrario.

Gli dissi che per me non c'erano problemi ma pensavo che lui parlasse di visite amichevoli e sporadiche come in effetti furono le prime volte.

Poi le cose cambiarono.
Laura cominciò a venire sempre e non solo qualche volta, Entrambi scappavano sempre direttamente in camera.
Anziché venire a tavola per cena, Renato usciva solo lui per mettere su un vassoio la cena che io preparavo e portarsela in camera per consumarla con lei, non soltanto lasciandomi solo, ma riportandomi dopo anche le stoviglie perché io le lavassi.

Gradualmente, e neanche tanto lentamente, i due presero il sopravvento su di me, spadroneggiando per casa e relegandomi quasi al ruolo di loro servitore.

Ho abbozzato a lungo, promettendo a me stesso di chiarire le cose prima o poi ma il tempo passava e quelli facevano progressi nel sentirsi sempre più padroni non solo della casa ma anche di me, fregandosene se io chiedevo di non sporcare anche il salotto o di stare attenti al non lasciare accese tutte le luci.

Che nella loro stanza, o meglio in quella mia stanza che io avevo ceduto in locazione a Renato, facessero anche all'amore non è che non l'avessi immaginato, anzi proprio questo mi faceva arrabbiare poiché io avevo preso Renato in casa per avere un poco di compagnia, invece per quel pudore di noi gente d'altri tempi, pur di non sentire i rumori che rivelavano quanto combinavano sul letto, io me ne uscivo di casa.

Ero sul punto di sbottare e metterli fuori di casa per sempre quando quei due incoscienti hanno superato ogni limite.

Era sera e fuori pioveva a dirotto, nessun pudore d'altri tempi mi avrebbe fatto uscire di casa per non sentire i rumori del loro amoreggiare in modo spinto.

In maniera più marcata del solito mi arrivavano in cucina dalla camera i rumori del loro flirtare.
Mi alzai per dire finalmente le mie rimostranze. Mi bastò varcare la soglia della cucina per capire il perché quella sera i rumori erano più marcati del solito: questa volta non avevano neanche chiusa la porta della stanza! Anzi era del tutto spalancata e le luci, come sempre erano accese.

Mi sono apparsi in modo nitido ed immediato davanti agli occhi, appena uscito dalla cucina.
Lei era distesa sul letto, con le gambe larghe e le ginocchia ripiegate tenute alte, come suol dirsi "in posizione da visita ginecologica". Di lei vedevo praticamente solo la parte delle gambe dalle ginocchia ai piedi. Lui stava sopra di lei e si muoveva ritmatamente senza lasciar adito ad alcun dubbio che stavano proprio scopando, nella più classica delle posizioni, nella più infervorata prestazione che si possa dare in età giovanile.

Come potevo osare parlare e reclamare se il fiato mi si spezzava in gola e non ricordavo neanche come si faceva a respirare?

Rimasi imbambolato a guardare. Guardare le gambe di lei che facevano leva sui piedi per sollevare ritmicamente il bacino, vedere le natiche di lui che andando su e giù si serravano nello scendere e distanziavano nel risalire e le spalle larghe e robuste in contrasto con l'apparentemente morbido e soffice culetto, molto stretto rispetto alle spalle.

Non so da quanto tempo il mio attributo sessuale non aveva più sussulti spontanei. Negli ultimi anni, anche con Anna ancora in buona salute ed accanto a me, aveva voluto essere stuzzicato con le mani mie o di Anna per irrigidirsi a dovere, questa volta invece, senza neanche uno sfioramento si era inturgidito subito e sentivo che continuava a lievitare e ad indurirsi.
L'istinto mi ha portato a toccarmelo, anzi ad aprire la patta prima, tirarlo fuori dopo e poi toccarmelo.

Quanto tempo era che non riprovavo un piacere psico fisico di quel genere!
Non me ne è fregato più niente se quei due erano sfacciati o no, se abusavano della mia casa o no, se facevano rumore o no, mi interessava il piacere che io provavo. Avevo piena coscienza che non era tanto il mio toccarmi a darmi piacere ma la scena che stavo vedendo. Erano belli, erano giovani, erano infervorati, erano eccitati ed eccitanti a vedersi.

Mossi un passo dopo l'altro, lentamente e con cautela ma senza fermarmi mai, per andare verso di loro. Volevo solo vederli meglio, da più vicino, non disturbarli. Ero ormai sulla porta della stanza, sentivo benissimo i loro respiri, il vago cigolio del letto, il plac plac del corpo di lui che sbatteva su quello di lei, il flic flac del sesso di lui che entrava ed usciva dalla figa di lei, sentivo l'odore dei loro corpi vagamente luccicanti per un iniziante sudorazione.

Anche loro due avvertirono la mia presenza a poca distanza. Renato si fermò sollevò ancora di più le sue spalle, si girò verso la porta e mi vide per prima. Anche Laura sollevò il capo e lo spostò da un lato per poter guardare oltre il braccio teso di Renato. Mi videro entrambi.

Se in passato avessi immaginato di trovarmi in una situazione simile. avrei scommesso che a quel punto sarei sprofondato dalla vergogna, invece no, sono stato contento d'essere stato visto e istintivamente ho sorriso e detto. "Siete belli, continuate pure"

Non mi diedero ascolto purtroppo. Si distaccarono.
Laura sollevò le spalle per mettersi a sedere sul letto, Renato scese per venire verso me.
Il suo cazzo era duro, teso, bagnato, ma lui parve non badarci.
Bisbigliai una specie di "scusatemi" mal pronunciato.

Al sollevare una mano da parte di Renato ho temuto che volesse darmi uno schiaffo e per questo, d'istinto, ho fatto una specie di salto-scatto all'indietro. Renato ha sorriso, ha raggiunto con la sua mano alzata il mio volto, elargendomi una carezza e dicendo "da quanto tempo hai voglia di fare cose simili anche tu?"

Non le parole ma quella sua carezza mi ha fatto andare fuori di testa, perdere ogni ritegno e rispondere "Siete troppo giovani se no mi aggregherei...se fosse anche di vostro gradimento"
Renato guardò Laura e le disse "Lo facciamo giocare un poco con noi?"

La ragazza rispose "Adesso mi è passata la voglia" e, scesa dal letto, recuperò qualche capo si vestiario per cominciare a ricoprirsi. Renato non fece nulla per fermarla ma cinse me con un braccio, stringendosi lateralmente a me con il suo corpo nudo ed il cazzo che stava perdendo erezione ma era ancora ben desto. Mi disse. "Sai che abbiamo aperto la porta apposta per invogliarti a venire da noi? Molte volte io e Laura abbiamo immaginato di fare l'amore a tre con te"

"Allora perché si sta rivestendo?"
Renato le girò la domanda "Già, perché ti stai rivestendo?"
"Perché nessuno di voi due me lo sta impedendo"

Rise Renato, risi anche io, fummo agili e veloci nell'andare verso Laura e per strapparle letteralmente letteralmente letteralmente di dosso ciò che si era appena infilato (una magliettina bianca, di cotone). Renato la tenne ferma in un abbraccio dicendomi: "Spicciati a spogliarti, vedi com'è volubile? Potrebbe passarle di nuovo la voglia, dai"

Non le passò. Per quella prima volta permise solo a Renato di scoparla in figa mettendosi in tutte le posizioni che il ragazzo volle a condizione di poter contemporaneamente ciucciare il mio cazzo.

Confesso che la mia povera Anna era molto restia ai rapporti orali e che io un pompino ben fatto lo desideravo da sempre. Non immaginavo che potesse essere così ben fatto da una ragazzetta giovane che in teoria avrebbe dovuto essere non esperta, mentre veniva scopata dal suo ragazzo e quindi non proprio affamata come me. invece accadde e fu meraviglioso non solo per me se ,...se ormai la nostra relazione a tre è diventata stabile e dopo la prima volta non sono più stato relegato ad un ruolo "marginale" ma .... Beh...siete smaliziati anche voi e potete immaginare da soli quante e quali varianti si possono praticare giocando in tre, se si ha un'ottima intesa.
Tra noi l'intesa non è ottima, è straordinariamente eccellente.
Deducete voi.
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